segunda-feira, 3 de fevereiro de 2014

Depoimento de NATHAN SANTOS

Sou natural de Balsas-MA, tendo residido no Brasil todo, recentemente em Fortaleza. 
Conheci o meu guru, orientador, professor, amigo pessoal em 1960. E, como aluno em 1963, não tive experiências boas, pois era muito relutante e dava muito trabalho na área disciplinar, pois era líder da baderna, como consequência não tinha notas boas, no segundo ano do ginásio fiquei de segunda época e só consegui passar com a ajuda pessoal do mesmo. 
O tempo se encarregou de nos afastar e vim encontrar Pe. Ângelo em São Paulo, novamente, muitos anos depois, nesta altura já com família e cuidando de negócios que lá tinha. 
Passamos a nos reunir com os amigos de Balsas participando de debates e palestras numa organização por nós denominada POR UM BRASIL MELHOR, com temas da atualidade e assuntos interessantes, onde o mesmo mostrava sua preocupação com presidiários, vigilantes noturnos, operários da construção, sem tetos, favelados, que faziam parte de sua lida diária, como ouvia confissões, dava conselhos e orientações gerais.
As coisas da vida são muito curiosas, passei alguns anos após terminar o ginásio sem convívio com Pe. Ângelo, vindo encontrá-lo muitos anos depois e participando ativamente dos encontros promovidos pelo mesmo no Caxingui-São Paulo, fazendo parte de um projeto maior do mesmo.
Em 1986, no retorno de uma viagem de Fortaleza a São Paulo, sofri um acidente de carro, no sul da Bahia, de grandes proporções, no dia 13 de maio, dia da santa que tinha uma relação muito estreita com Pe. Ângelo e escapei como por milagre.
Nas ocasiões mais desesperadoras pelas quais passei, sempre entrava um anjo de luz para me apoiar e me confortar com a precisão de um relógio suíço, nas horas mais difíceis possíveis, sendo fundamental em todas as etapas pelas quais passei, de imobilizado, cadeirante, ambulante com par de muletas, tendo sofrido 10 cirurgias e hoje estando vivendo normalmente com algumas limitações, tomei o mesmo como meu anjo da guarda e com frequência me vejo pedindo suas graças e alcançando, Deus o tenha ao seu lado e me protegendo.
Nathan Santos, ex-aluno do Colégio São Pio X, amigo, discípulo.

Fortaleza, CE, 02 fev. 2014.

segunda-feira, 13 de janeiro de 2014

Depoimento de padre Gianni Capaccioni

p. Angelo La Salandra

nasce il 29 marzo 1919 a Biccari da Domenico La Salandra e Giuseppina Caione; Dio lo chiama a sé il 7 dicembre 2000, alla vigilia dell’Immacolata.

Esperto in Umanità.

I suoi 81 anni di vita possono avere questo denominatore comune: “esperto in umanità”.


1. Fecondità spirituale e umana della Daunia.

La Daunia è stata una terra attraversata da grandi testimoni della fede tradotta poi in opere di carità: San Domenico fondatore dell’ordine dei predicatori, intenti a diffondere la Parola di Dio in quella povertà che l’ignoranza voluta dai principi e signorotti aveva ridotto il popolo. Ma finalmente il popolo aveva ripreso la Parola attraverso la riscoperta della Bibbia, non più chiusa nei canterani ma svelata dai predicatori itineranti.
San Giovanni di Dio, insigne esempio di dedizione ai piccoli, agli ammalati e agli esclusi. Sant’Alfonso innovatore della pietà popolare attraverso i canti natalizi e quaresimali le cui note sono arrivate ai giorni nostri.
- La Daunia crocevia di popoli, culture e religioni.
La presenza normanna in special modo con Federico II° la cui residenza era a 10 chilometri da Troia nel Castello di Lucera, con Costantinopoli che si affacciava con decisione e a volte con prepotenza in questo angolo di terra su cui aveva posto le sue mire, con Roma che cercava un suo punto d’appoggio stabile civico-religioso, con i Saraceni che scorrazzavano dal Gargano in tutta la costa adriatica, la città di Troia ha dovuto parlamentare ed educarsi all’arte del dialogo politico e religioso per sopravvivere. Questo sforzo storico è stato immortalato
nel rosone della cattedrale di Troia, sintesi perfetta tra cultura normanna e bizantina.
- Impulso missionario.
Nel 1927 si avventura sino al Nord della Puglia p. Bernardo Sartori, missionario comboniano. Dopo un breve girovagare si stabilisce a Troia e con l’aiuto della gente costruisce il primo Seminario Comboniano in Puglia che, assieme al Santuario della Mediatrice, costituirà una grande luce per i decenni avvenire. Oltre 200 missionari comboniani sono passati per Troia in qualità di formatori, animatori missionari e della gioventù, parroci.

2. Incontro col popolo lusitano .

In Portogallo, p. Angelo fu inviato in vista del Mozambico. Arrivò per imparare la lingua portoghese e per capire come comportarsi nei confronti di una madre patria molto esigente con le colonie. Ovviamente la capitale del Mozambico si trovava in Portogallo ed era Lisbona. La gloria passata dei conquistatori (1492 e 1497) delle due sponde dell’Oceano Atlantico era finita. Restava molta miseria e povertà a Viseu dove si costruisce un Seminario nel 1947 e poi a Lisbona nell’ottobre del 1955 in una parrocchia desolata per le vicende poco edificanti di un prete scappato con la nomina di ladro e donnaiolo. La massoneria si trovava a proprio agio in queste situazioni credendo di avere a che fare con un parroco timido e sprovveduto. P. Angelo si mise vicino ai poveri e al popolo e questa fu la carta vincente per riacquistare fiducia e dignità. Tuttavia il rapporto dei comboniani con le autorità nazionali e locali non è mai stato tenero. La giustizia e il rispetto dei diritti umani furono il punto di scontro. Siccome “Dio non si stanca dei piccoli fiori ma degli imperi” (Tagore), col passare di Salazar e altri imperialisti, si riacquistò la pace.

3. Intermezzo: “Volontà del Signore. Paradiso mio!”

La malattia e la povertà hanno bussato più volte alla sua casa: pleurite, tubercolosi, epidemie, fame a causa di due guerre mondiali. Tutto questo gli ha procurato un ritardo nella scelta definitiva dell’Istituto Comboniano.
La scelta del povero per p. Angelo fu un orientamento evangelico. Come il Cristo non era distante, anzi, faceva un tutt’uno col povero, così la scelta di p. Angelo non poteva essere diversa. Il povero costituiva il sacramento, la realtà visibile del Cristo, la sua manifestazione (Gv. 13). E di poveri ne ha incontrati molti: carcerati, favelados, tossicodipendenti, emigrati dal Nord-Est, meninos de rua (bambini di strada).
Non ha mai voluto aderire a raggruppamenti sociali o politici. Il Vangelo era la sua guida sicura e sufficiente. Il Vaticano II°, Medellin, Puebla, Santodomingo, Comunità ecclesiali di base, dottrina della sicurezza nazionale che è sta deleteria per il Brasile…quello che gli importava era il povero concreto che non aveva bisogno di soluzioni sociopolitiche ma di vicinanza umana e partecipazione alle sue aspirazioni. Il resto era considerato illusorio!

4. Dall’Italia al Brasile.

Il Mozambico scomparve nei disegni dei Superiori perché Pio XII° era impressionato dalla conquista latinoamericana da parte del Marxismo e delle sette cristiane. Chiese ai Comboniani di convogliare i loro sforzi verso questo continente che correva il rischio reale di questa duplice invasione. Il carisma era comunque salvo perché di afro in Brasile ce n’erano tanti; in più il campo di evangelizzazione si estendeva ai discendenti dei colonizzatori e agli indigeni. Gli antichi Ordini Religiosi (Mercedari, Cappuccini, Gesuiti, Carmelitani) non si erano addentrati nel Nord Est e avevano istituito collegi dove spesso i figli privilegiati potevano accedere per gli studi. I primi Comboniani si diressero a Balsas con p. Diego Parodi (1951) e p. Rino Carlesi (1952) che poi furono consacrati Vescovi. 
p. Angelo, dirottato, arriva nel Maranhao il 25 gennaio del 1960. il territorio è difficile e diviso: la costa era riservata ai Neri, discendenti degli schiavi; nelle fasce interne c’erano i ricchi allevamenti dei colonizzatori e dei grandi possessori di terre ma il degrado era grande perché questa terra, detta “del cuoio e del bestiame”, era attraversata da gravi ingiustizie sociali che esploderanno drammaticamente un decennio più tardi; gli indigeni erano relegati nella foresta, un loro habitat naturale ma anche una prigione. 
p. Angelo evangelizza attraverso scuole agricole, alegnamerie, tipografie sotto la guida di eccellenti Fratelli che hanno lavorato con passione e intelligenza assieme alla gente. La sua evangelizzazione passa attraverso le Comunità di villaggio, attraverso le visite ai casolari sparsi ma che conservavano la tradizione di almeno una visita annuale da parte del Sacerdote (desobrigas). In particolare si dedica alla scolarizzazione di bambini e bambine. Ebbe certamente un grande successo per la sua efficacia e i risultati ottenuti. Infine è Formatore di futuri Sacerdoti chiamati attraverso una promozione vocazionale instancabile.
Il metodo educativo? Lo sintetizza un suo ex-allievo: “esigente e giusto con i ragazzi e con gli insegnanti. Il suo metodo era sempre dialogico sia nella formazione dei Catechisti che dei Maestri. “”uscii con le batterie ricariche, leggero come se stessi volando, ma con i piedi per terra e la certezza di aver conosciuto e di essere vissuto con un grande uomo, uno dei più grandi del mondo, un sognatore, un idealista, un realizzatore, ma soprattutto con la certezza di essere vissuto con un santo: Santo Angelo La Salandra” (testimonianza di un ex
studente).
p. Angelo prega, con la preghiera più semplice e accessibile: il santo Rosario. E’ sempre con la corona in mano che spesso innalza come vessillo e come protezione contro ogni forza avversa.

5° Responsabile Provinciale e capitolare.

Nel 1964 i Superiori maggiori lo hanno designato a Balsa, nel Nord Est con il compito abbastanza oneroso di Superiore Provinciale. Questi anni furono gravosi per le situazioni oggettive e perché nel 1968 fu ucciso p. Marco Vedovato. P. Angelo visita il suo assassino a Mirador nell’ottobre del 1968 e gli conferma il perdono che già p. Marco morente gli aveva espresso.
Partecipò al Capitolo Generale (Assemblea generale che si svolge ogni sei anni) del 1969. Fu un capitolo di svolta perché alla luce del Concilio Ecumenico Vaticano II° e confortati dalle numerose lettere ritrovate del fondatore Mons. Daniele Comboni, si rinnovarono la “regola di vita” e le Costituzioni della Congregazione dei “Missionari Comboniani del Cuore di Gesù” (MCCJ). Passati alcuni anni a Troia come Animatore Missionario dove si distinse per lo zelo (il fuoco della Missione) e la vicinanza alle famiglie e ai poveri, ritornò in Brasile ma questa volta al Sud, a Rio Preto. Nuovi problemi, gravi difficoltà per la salute a causa del clima pesantissimo, non smise tuttavia di andare in cerca come Daniele Comboni, dei “più poveri e abbandonati”, soprattutto dei nordestini che si avventuravano in cerca di un po’ di fortuna. La chiamata del Signore lo colse il 7 dicembre del 2000 intento alla sua opera e con il suo grande entusiasmo. Con i suoi occhi penetranti si era già proiettato oltre il visibile!
p. Gianni Capaccioni

Publicado em: Periodico Aria di Troia. Troia, Itália, jun. 2012.

Depoimento do Padre Fernando Zolli

                Um breve testemunho do meu irmão “decano” Padre Angelo La Salandra.
Eis alguns traços deste homem de Deus e do povo pobre.
            O padre Angelo La Salandra me acompanhou nos primeiros passos da minha vida sacerdotal e missionária.
            “Eu chamava-o, com carinho, o nosso “decano”, pois ele era o mais idoso dos missionários combonianos, originários da pequena cidade de Troia (FG – Puglia – Italia) e eu o mais novo. Me dizia que as raízes da nossa gente eram boas e todos os filhos e filhas desta terra deviam seguir os passos dos antepassados e ficar firmes na caminhada e na vocação: ninguém tinha desistido, me dizia -- e precisavam ficar firmes até o fim da vida. Ele me dava lição de vida e de firmeza no compromisso assumido, sem receio e com muita humildade.
            Sempre atento e pronto a encorajar-me na caminhada. Toda vez que celebrava, ele me escutava e no final da Missa me dava conselhos e me dizia que era muito importante pregar e testemunhar a Palavra de Deus, com clareza e com uma linguagem simples para que o povo pudesse bem entender.
            No Brasil onde tive a oportunidade de ficar junto com ele na mesma comunidade da casa provincial, em São Paulo, ele sempre me deu aquele testemunho de fidelidade à oração: encontrava-o de frequente na pequena capela da nossa casa, em profunda oração.
             De noite ele saía e dava voltas no bairro para encontrar os vigias, que eram muitos naquela região da avenida Francisco Morato, a causa da insegurança. Levava a Palavra de Deus, mas sobretudo escutava e para todos havia uma palavra de conforto e de conselho. Levava também comida e roupas para os que precisavam disso. Depois da janta ele saía com a Bíblia e a sacolinha dos alimentos.
            Para problemas de saúde devia seguir um regime muito rígido e ele nunca se queixava disso; nunca vi ele exagerar com a comida e bebida: muito sóbrio e muito atento à partilha e às necessidades dos confrades.
            Uma ternura e uma atenção particular ele me manifestou, quando voltei da República do Congo e precisava de tratamento médico. Ele veio me buscar no aeroporto de São Paulo e me deu o abraço fraterno; isso me surpreendeu, pois ele, de costume, era reservado e alheio à manifestação demasiado afetivas;  vi que era preocupado com a minha saúde. Ficou perto e me visitou todos os dias durante a minha estadia no hospital.
            Volta e meia eu falava no dialeto da nossa região: ele sorria, esboçava umas palavras, mas depois prosseguia na língua brasileira.
            No meu quarto, até hoje, fica o retrato dele junto aos outros missionários, como o padre Sartori, padre Bizzarro e outros, que me ensinaram com a vida e o testemunho o caminho da missão e do compromisso com Deus pelos pobres. Pela manhã quando acordo ele é o primeiro a me olhar e me parece ainda de escutar a voz dele que me chama para a missão de cada dia.

Fernando Zolli
Missionário Comboniano.

quinta-feira, 9 de janeiro de 2014

Depoimento de Wellington Nogueira

Meu nome é Wellington Coelho Nogueira, vivia numa cidade com o nome de Fortaleza dos Nogueiras, cidade próxima a cidade de Balsas-MA. Hoje sou militar do Corpo de Bombeiros do estado do Rio de Janeiro. Todo meu conhecimento de igualdade, amor, fraternidade, companheirismo, lealdade, simplicidade, moral, civismo eu aprendi com meu querido professor padre Ângelo La Salandra. Em 1972, entrei no seminário São Pio X e foi maravilhoso pra minha vida. Padre Ângelo era uma pessoa maravilhosa e eu sendo uma criança muito rebelde, dei muito trabalho ao padre Ângelo. Ele conseguiu fazer um milagre na minha vida e me transformou no homem que sou. Padre Ângelo era um homem bondoso, carinhoso, falava suave e sempre mostrava sua autoridade. Ele era meu professor de Moral e Cívica e Religião, sei que tudo que aconteceu durantes esses anos todos na minha vida tem influência positiva do padre Ângelo. Padre Ângelo um homem santo.

quinta-feira, 28 de novembro de 2013

Depoimento do Pe. Enrico Galimberti

Pe. Enrico Galimberti
(Superior da Casa dos Combonianos de São José do Rio Preto, São Paulo.)
Pe. Enrico Galimberti registra os últimos momentos de Pe. Ângelo:

“Às 19,20 h de 7 de dezembro de 2000, depois do canto das vésperas da solenidade da Imaculada Conceição, Pe. Ângelo entrou em agonia. Mais uma vez lhe havia ministrado a unção dos enfermos e dado a absolvição geral. Às 20,20 h, morreu serenamente. Veio imediatamente à minha mente o salmo 122 que diz:
‘Que alegria quando me disseram: iremos à Casa do Senhor’. Pe. Ângelo tinha entrado para a Casa do Senhor com as mãos cheias e o coração repleto de tudo aquilo que havia doado na sua longa e fecunda existência de sacerdote, missionário, amigo dos pobres. E era muito.”
Pe. Enrico continua:
“Agora enquanto escrevo, são 0,20 h de 8 de dezembro, festa da Imaculada Conceição, da qual Pe. Ângelo era devotíssimo. Mas é também o 58.° aniversário de sua ordenação sacerdotal. Ele está agora no Santuário de São Judas Tadeu, com uma auréola branca, o terço entre as mãos, o Livro das Regras e o crucifixo da profissão religiosa no peito.
O povo já acorreu e ficará de vigília até as 15 h quando o Bispo diocesano celebrará a missa e, depois, às 16 h, se encaminhará ao Cemitério São João Batista para ser sepultado. [...]
Sua morte foi, pois, como a resposta de Maria às suas preces. Considerando sua vida e que, exatamente naquele dia, celebrava os 58 anos de sacerdócio, deve-se dizer que não poderia haver para ele um momento mais oportuno para entrar no reino dos céus, onde a grande festa em honra da Imaculada estava para começar.”

In Maria do Socorro Coelho Cabral. Pe. Ângelo La Salandra – Uma Vida, Uma Missão. Balsas, 7/12/2001, p. 91

Depoimento de Dom Franco Masserdotti

Dom Franco Masserdotti (in memoriam)
(Bispo de Balsas, dentre outros cargos, exerceu o de presidente do CIMI – Conselho Indigenista Missionário e responsável pela Missão Ad-Gentes do Conselho Episcopal Latino-Americano – CELAM. Fundador da “Associação dos Amigos de Pe. Ângelo”. Foi nosso maior incentivador. Faleceu em Balsas, sul do Maranhão, em 17 de setembro de 2006, vítima de atropelamento.)
 “O caminho missionário de Pe. Ângelo e a herança espiritual que ele nos deixou sem dúvida se inspiraram nos exemplos do Bem Aventurado Daniel Comboni, fundador dos Missionários Combonianos de quem Pe. Ângelo foi filho devoto e obediente.
Uma característica marcante na vida de Daniel Comboni foi a profunda e íntima comunhão que ele tinha com Cristo, Bom Pastor, que morreu na cruz de braços abertos, para dar a vida e unir todos os povos no grande abraço do Pai. Foi esta fé, esta união com Deus que lhe dava força e esperança nas dificuldades da missão.
Pe. Ângelo foi digno discípulo de seu fundador. Era um homem de oração, vivia constantemente unido a Deus e a Maria, a “Mãezinha Querida”. Para ele, Cristo era o centro e o protagonista da missão que levava à frente. Aí ele encontrava força e coragem.
Pe. Ângelo sempre se sentia feliz e empolgado, rezando pelas pessoas que era chamado a servir. Era um intercessor junto a Deus em favor de seu povo.
O exemplo dele nos recorda que a oração é o respiro da alma do cristão e que  todos devemos colocar o Senhor como centro e protagonista de nossa vida e de nosso compromisso cristão.
Daniel Comboni tinha feito uma opção clara e decidida pelos pobres e abandonados que ele identificou nos povos da África dizimados pela fome, pelas doenças, pelas injustiças e opressões do colonialismo e da escravidão, esquecidos pela solidariedade internacional e sem a esperança que brota do encontro com a pessoa de Jesus.
Também Pe. Ângelo fez uma opção radical pelos pobres. Acolhia-os com amor e respeito. Visitava constantemente os doentes e os presos, e preocupava-se com os meninos de rua.
Sonhava poder trabalhar com os indígenas. Vivia com um jeito simples e humilde, sendo solidário com os pobres.
Ao mesmo tempo, convencido de que não bastava ‘dar o peixe’, mas é necessário ensinar a pescar’, se empenhou muito no campo da educação, dando atenção particular à formação dos futuros Presbíteros e dos futuros líderes da Sociedade.
Sem dúvida sua obra prima foi o Colégio São Pio X, que ele fundou e ao qual deu o melhor de si. Sua opção reinterpretada hoje na nossa realidade, nos estimula e nos compromete em favor da vida, nas situações em que ela é mais ameaçada, em que projetos econômicos e sociais baseados no egoísmo e na competição levam ao prevalecer do mais forte sobre o mais fraco, levam ao materialismo prático, ao desequilíbrio ecológico, à violência e à corrupção.
Pe. Ângelo nos ensina que a fidelidade a Cristo e ao Evangelho exige um estilo de vida buscado na simplicidade, na partilha com os pobres, na solidariedade, nas relações humanas e sociais e no compromisso político.
Há um outro aspecto em que Pe. Ângelo se revela discípulo de Daniel Comboni: a paixão pelo Reino e a generosidade no serviço missionário. Comboni dizia preferir morrer a renunciar a ser missionário na África. Pe. Ângelo até os últimos dias de sua vida, parecia sentir, no profundo de seu coração, o suspiro de São Paulo: ‘Ai de mim se eu não anunciar o Evangelho’ (1Co 9,16).
Com seu entusiasmo, com sua dedicação total, ele nos ensina que a vida não é uma propriedade particular de que possamos gozar egoisticamente. É, antes, um dom para os outros. Melhor ainda, é um ‘lava-pés’ (cf Jo 13, 4-15).
Ele nos recorda, com seu exemplo, que o batismo que temos recebido não é um privilégio, nem um passaporte para o Paraíso; mas é um compromisso para sermos generosos missionários e missionárias do amor que brota de Deus e que deve invadir e transformar o mundo.
Há um lindo poema do bispo dos pobres, Dom Hélder Câmara, que aqui desejo recordar:
Missão é partir, caminhar, deixar tudo, sair de si, quebrar a crosta do egoísmo que nos fecha no nosso Eu.
É parar de dar volta ao redor de nós mesmos como se fôssemos o centro do mundo e da vida.
É não se deixar bloquear nos problemas do pequeno mundo a que pertencemos:
A humanidade é maior.
Missão é sempre partir, mas não devorar quilômetros.
É sobretudo abrir-se aos outros como irmãos, descobri-los e encontrá-los.
E, se para descobri-los e amá-los, é preciso atravessar os mares e voar lá nos céus, então missão é partir até os confins do mundo.
Este poema se aplica muito bem a Pe. Ângelo. Ele agora vive feliz no coração de Deus. Ele interceda por nós, para que rezemos como ele, bons samaritanos do amor e promotores da vida e da esperança neste mundo movido pelo egoísmo, pelo medo e pela morte.
Balsas, Festa de Todos os Santos, 2001. Dom Franco, Bispo diocesano de Balsas
In Apresentação do livro: Pe. Ângelo La Salandra -- Uma Vida, Uma Missão, de Maria do Socorro Coelho Cabral, pp. 7-9.

Depoimento de Maria do Socorro Coelho Cabral

Maria do Socorro Coelho Cabral (in memoriam)
(Autora do livro Pe. Ângelo La Salandra - Uma Vida, Uma Missão. Mestrado em História pela PUC-SP e doutorado pela Universidade de São Paulo. Publicou, dentre outras obras, Caminhos do gado -- obra de referência sobre a colonização do sul do Maranhão. Fundou com Dom Franco a “Associação dos Amigos de Pe. Ângelo”, com dois objetivos principais: dar continuidade à história de Pe. Ângelo e ajudar estudantes carentes a continuar seus estudos.)
“Com certa freqüência Pe. Ângelo me escrevia, como escrevia a todos os seus amigos e ex-alunos de Balsas e dos lugares por onde passou na sua tarefa missionária.
Mas, em 22 de novembro de 2000, ele me escrevia para me comunicar que estava me enviando cópia de seu diário para que dele eu fizesse uso oportuno.
Minha emoção só não foi maior que minha responsabilidade diante de tão nobre e difícil desafio.
Eu teria que tirar do precioso livro de sua vida tudo que pudesse servir
“para animar o povo cristão do espírito missionário e suscitar alguma vocação missionária entre os jovens”.
O ardor missionário, desejando ver proclamado o evangelho da salvação aos povos do mundo inteiro, acompanhava-o durante toda sua vida.
Quinze dias após, no dia 7 de dezembro de 2000, na vigília da festa da Imaculada Conceição, morria o ardoroso missionário comboniano, Pe. Ângelo La Salandra. Era essa data especial para ele, tanto pelo seu amor filial a Maria, como por ser o dia de aniversário de sua ordenação sacerdotal.
No já longínquo 8 de dezembro de 1942, na distante cidade de Tróia -- Foggia, Itália, no Santuário de Nossa Senhora Medianeira, o jovem Ângelo, aos 23 anos, em meio a alegrias e júbilos, era consagrado sacerdote diocesano.
Esse dia 8 de dezembro de 2000, foi festejado, com certeza, de forma diferente dos anteriores, em meio às alegrias celestiais, recebendo, como servo humilde do Senhor, o justo salário, o triunfo da vitória.
Foram 58 anos de vida de renúncia, orações, contemplações, sofrimentos, alegrias, sacrifícios, trabalho, muito trabalho na messe do Senhor.
Espírito forte, combativo, entusiasta, Pe. Ângelo possuiu, durante seus 81 anos de vida, um coração que “ardia do fogo de amor que nutria por Deus e pelos irmãos”.
Como missionário, seu desejo foi sempre fazer a vontade do Senhor, intento esse várias vezes expresso na frase que tanto o identificava: “vontade do Senhor, paraíso meu”.
Em função disso, procurou aceitar tudo aquilo que o Senhor permitia que lhe sobreviesse, mesmo quando, muitas vezes, o que lhe era apresentado custasse-lhe sacrifícios enormes e difíceis.
Pretendemos aqui tão-somente narrar alguns fatos que consideramos significativos da vida de Pe. Ângelo.”
Entender historicamente, analisar, compreender, de forma ampla e profunda, à luz das múltiplas determinações históricas, vida rica e complexa como a de Pe. Ângelo, não foi nosso propósito, até mesmo por razões de limitação de tempo.
Este trabalho, pois, traz um relato simples, cronológico, de alguns fatos que mostram, de alguma forma, traços da personalidade, aspectos da atuação desse grande educador.
Nele também procuramos mostrar, de uma maneira sucinta e bem geral, a inserção, no contexto sócio-cultural sul-maranhense, da ação missionária de Pe. Ângelo e dos Combonianos na região, no período de 1960 a 1975.
A missão de Pe. Ângelo foi marcada profundamente pela sua concepção de mundo. Essa sua visão da vida e das coisas foi permeada por elementos vários, às vezes até contraditórios, ligados a épocas históricas diferentes e a momentos singulares e marcantes da vida da Igreja, como foram os dos Concílios de Trento e Vaticano II. Além desses elementos externos, havia também fatores individuais, familiares, forjando a vida e a trajetória missionária de Pe. Ângelo, fazendo dele esse homem singular, criativo, contemplativo, realizador.
Através dos vários fatos narrados, podemos observar um sacerdote que acolheu, que se preocupou e se doou, procurando levar a Jesus os “filhinhos”, sobretudo os mais pobres e esquecidos: encarcerados, mendigos, migrantes nordestinos pobres, doentes abandonados, favelados e outros. Procurou ajudar, além desses, a tantos outros jovens e adultos, a quem orientou, educou e formou.
Ao mesmo tempo em que se mostrava rígido, era humilde, amigo, generoso, amoroso.
Achamos que o segredo para o fato de Pe. Ângelo ter atraído tantas pessoas a ele, marcando-lhes positivamente a formação e o caráter, foi sua vida íntegra, transparente, simples, despojada, plena da graça divina, da fé, do amor. Pensamos que o grande segredo mesmo foi o amor, essa força que o contagiou e irradiava a todos que dele se aproximavam, levando-os a sentirem-se amados e a crescerem moral e espiritualmente.
Por isso creio que as limitações, as falhas que, com certeza, fizeram parte de sua vida foram superadas por esse sentimento que, predominando, tudo transformou, fazendo aparecer e florescer as qualidades, as virtudes que marcaram sua vida e a de tantos outros por ele influenciados.
Madre Tereza de Calcutá nos ensina: “Cristo não nos perguntará quantas coisas fizemos, e sim o quanto de amor colocamos em nossas ações.”
Pe. Ângelo, como Santa Teresinha, doutora da Igreja, descobriu que a vocação maior do cristão é amar e procurou pautar toda a sua vida por esse prisma. Em função disso, tornou-se um sinal de presença viva e modeladora de Deus entre nós.
Narrar alguns fatos de vida tão fecunda e profundamente mergulhada no mistério de Cristo morto e ressuscitado é tarefa sedutora e edificante.
Os acontecimentos descritos, a nível da superfície, foram colhidos em seu Diário, nas cartas-circulares que escreveu aos amigos e ex-alunos, na obra biográfica de Lourenço Gaiga sobre Pe. Ângelo e ainda no grande número de testemunhos que nos chegaram de pessoas que o conheceram, ou que com ele conviveram.
Pedimos a luz do Alto, para que sejamos fiéis aos projetos de Deus e aos propósitos mencionados por Pe. Ângelo, ao nos confiar cópia de seu Diário.”

In Introdução do livro Pe. Ângelo La Salandra -- Uma Vida, Uma Missão. Balsas, 7-12-2001pp.11-13.